[Community] Re: Vendere "opere CC" su FAIRCOPY: chiamate il Trio Medusa!
Nicola A. Grossi
k2 a larivoluzione.it
Dom 18 Set 2005 13:38:38 CEST
s*phz Scrive:
> Nicola A. Grossi ha scritto:
>
>> Io, che ho già dichiarato di non avere nulla di personale nei confronti
>> di Lorenzo, gli ho consegnato simpaticamente il Tapiro d'Oro per creare
>> una discussione sul tema delle prospettive economiche dell'open content:
>> e, come avrai notato, è di questo che io, De Tomasi, Glorioso... vorremmo
>> discutere.
>
> ...non mi sembra assolutamente fosse di questo che si parlava nelle tue
> mail precedenti...cmq...
Io so che le apparenze a volte possono ingannare (specie se si leggono gli
altri con superficialità o non li si legge proprio), ma ho parlato del fatto
che l'"economia open" non può essere il tappetino dell'"economia
proprietaria", ho parlato di economia della conoscenza, ho anche fornito un
link a riguardo su cui discutere, invitandio Glorioso a farlo... insomma...
cosa devo fare per farti capire che non sono il lupo cattivo? :-)
> Io mi trovo abbastanza d'accordo, credo che siano i processi di produzione
> la vera posta in gioco, considerato il fatto che l'individualizzazione, la
> precarizzazione, l'immaterializzazione del lavoro, cercano di far
> collimare sempre di piu' il processo di produzione di valore con i
> processi di produzione di soggettivita'.
> La pratica del copyleft puo' essere una delle variabili in grado di far
> vorticare follemente la ruota del capitalismo e portare i processi di
> produzione di soggettivita' in primo piano, gettando sullo sfondo la
> produzione di valore...questo potrebbe aprire la strada ad una
> ridefinizione etica dell'attivita' nel mondo occidentale. Se la quantita'
> di energia dedicata alla produzione di soggettivita', all'attivita'
> inutile ed infunzionale, comincia a superare quella dedicata al lavoro ne
> vedremo delle belle. L'etica dell'improduttivita' e della condivisione
> puo' concretamente mettere in crisi la forma-mercato. A quel punto sara'
> necessario ridefinire completamente la questione del lavoro e magari si
> apriranno delle strade per campare in maniera piu' piacevole.
L'"economia free/open" si basa sul meccanismo del "libero per tutti":
free/open non significa gratuito, ma quando un soggetto acquista un'opera
free/open o riceve l'opera free/open commissionata, ha poi la facoltà di
regalarla a tutto il resto del mondo, rendendola, se ancora non lo fosse,
gratuitamente ed universalmente accessibile.
Se per il software libero (bene di tipo funzionale) il suddetto meccanismo è
solito accompagnarsi, ad esempio, alla manutenzione, all'aggiornamento, alla
consulenza, che rappresentano una fonte di guadagno fondamentale per un
libero professionista o per un "imprenditore di se stesso", nell'open
content (che riguarda beni di tipo espressivo) ci troviamo, invece, di
fronte al mero "libero per tutti".
Nel contesto socio-economico attuale l'"economia open content", talvolta,
non riesce a trovare credito nemmeno tra i suoi sostenitori: capita
addirittura di assistere ad assurde soluzioni di vendita on-line, come
quelle in cui la preview della fotografia è rilasciata con licenza open
content, e la fotografia in vendita, è sotto full-copyright e DRM.
Se vogliamo la libertà, non è forse il caso di credere davvero nella libertà
(che è un concetto che coinvolge sopratutto la cultura: si pensi
all'economia del dono, basata su rapporti etici, che in termini giuridici
sono traducibili nelle cosiddette obbligazioni naturali), anziché escogitare
i modi più curiosi ed ipocriti per mortificarla?
Saluti,
n.a.g.
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