[Community] Re: Glorioso, ma siamo proprio sicuri che... ?

Nicola A. Grossi k2 a larivoluzione.it
Lun 25 Lug 2005 12:44:16 CEST


Andrea Glorioso Scrive: 


>     >> Le prime ricerche sui protocolli che avrebbero poi portato alla
>     >> creazione dello stack TCP/IP (su cui si regge tutta l'Internet
>     >> di oggi) furono finanziate dal DARPA (Defense Advanced Research
>     >> Projects Agency), parte del DoD (Department of Defence) del
>     >> Governo Federale degli Stati Uniti, istituito (con il nome di
>     >> ARPA) nel 1958 con la Direttiva 5105.15. 
> 
>     > Internet è una rete telematica, non è un protocollo. Giusto? 
> 
> Internet   e`   un  agglomerato    di   reti eterogenee,    accomunate
> dall'utilizzo  di   protocolli di trasporto (IP)    e  di controllo di
> trasmissione (TCP) comuni.    Infatti,  in ambito tecnico   il termine
> "internet" (con la minuscola) e` usato per indicare un insieme di reti
> eterogenee.  "Internet" (con la  maiuscola) e` diventata la "internet"
> per eccellenza. 
> 
> In ogni caso, parlare di rete telematica disgiuntamente dai protocolli
> che la   utilizzano    ha poco   senso.   La  nascita   di ARPANET   e
> successivamente  di  Internet  non  sarebbe stata   possibile senza il
> lavoro  di ricerca  sul  protocollo NCP,  poi evolutosi nei protocolli
> TCP/IP.  

Un'auto senza motore resta un'auto, anche se non ha senso salirci sopra per 
viaggiare. Ma un motore non è un'auto.
Internet utilizza un protocollo, ma non *è* un protocollo:
è qualcosa di più. 


>     > Anche  secondo "Hacker  Journal", "THE ARPA  NETWORK" è stato il
>     > primo  nucleo  di Internet (così è   *nata* *Internet*), ma tale
>     > rete  collegava 4 università.   Quindi lo scopo del primo nucleo
>     > di Internet *non era militare*. Giusto? 
> 
> Secondo me  - e secondo altri -  no (nel senso  che quel che dici tu e
> che dice  `Hacker Journal' non e` corretto).  

Io non partecipo attivamente alla discussione (pensavo fosse chiaro), le 
parti siete tu e "Hacker Journal" (che non c'è: mea culpa... spero di 
rimediare). 


> Il  collegamento tra le
> quattro  universita`  era   volto  all'utilizzo  piu`   efficiente  di
> strutture di  ricerca   afferenti ai  programmi  finanziati  dal DARPA
> (struttura militare).

La connessione sembrerebbe un po' labile per parlare di
*scopi militari*. Comunque credo di avere capito la tua opinione: secondo te 
se una cosa è volta all'utilizzo più efficiente di strutture di ricerca 
afferenti a programmi finanziati da una struttura militare ha uno scopo 
militare. Però poi non meravigliamoci se qualcuno, tessendo trame sottili, 
arriva a dire che Creative Commons è militarista. :-) 

 

> Che poi  ci sia  stata una certa   porosita`, che  ha portato  ad  una
> evoluzione di ARPANET da  struttura  prettamente militare a  struttura
> (anche) civile, e` un altro discorso. 
> 
>     >> Io non ho sostenuto che le licenze Creative Commons non abbiano
>     >> un contenuto etico o ideologico. Questo e` vero per qualsiasi
>     >> attivita` umana (e forse anche non umana). 
> 
>     > Non ti ho attribuito ciò. 
> 
> Poiche` stavi commentando un mio articolo, ho ritenuto utile precisare
> il mio pensiero.

Hai fatto bene. 


>     >> Quello che ho detto - e che  continuo a sostenere  - e` che non
>     >> vedo  alcun nesso plausibile tra le  attivita` di un membro del
>     >> board di Creative  Commons e l'utilita` strategica, rispetto ai
>     >> propri   valori etici e  alla  propria ideologia, delle licenze
>     >> prodotte da  Creative   Commons, soprattutto considerando   che
>     >> l'associazione  Creative  Commons non  e`   in  se` parte   del
>     >> rapporto derivante dall'utilizzo delle licenze. 
> 
>     > Fammi capire, tu riconosci una strategia politica nell'operato
>     > di Creative Commons e dunque nell'associazione Creative Commons? 
> 
> Nella misura in cui qualsiasi  azione umana e`  politica, certo - c'e`
> una strategia politica. 
> 
> Il motivo per  cui l'associazione Creative  Commons e` molto cauta nel
> riconoscere  il   proprio  operato  come   "politico" e`   legato alla
> legislazione statunitense, che regola il tipo di attivita` permesse ad
> un'associazione come Creative Commons (il lobbying, tipica espressione
> di attivita` "politica" negli Stati Uniti,  non e` ammissibile, se ben
> ricordo). 
> 
>     > Una strategia  politica insita   nelle licenze stesse   (vedi in
>     > particolar modo,  "Developing Nations 2.0.")?    
> 
> Dal mio punto  di vista, tutte  le licenze Creative  Commons hanno una
> strategia politica, non solo la Developing Nations 2.0, in cui essa e`
> solo piu` chiara (anche se in  questo caso non parlerei di "strategia"
> quanto di "tattica" o, volendo essere cattivi, di "buone intenzioni").

Sì, tutte le licenze Creative Commons hanno una strategia politica, infatti, 
riferendomi alla "Developing Nations 2.0", ho usato l'espressione "in 
particolar modo". 


>     > Se  la riconosci, non  ti sembra  normale  che un sostenitore di
>     > Creative    Commons,  e dunque  di   quella  strategia politica,
>     >  pretenda una coerenza  tra politici  (i  dirigenti di  Creative
>     > Commons:      valutati  anche     sotto  il     profilo   umano,
>     >  professionale... ) ed azioni politiche?    Se tu vieni a sapere
>     > che  il tuo  politico  predica bene   e razzola male   (cioè, ad
>     > esempio, propone  una legge  per  la tutela dell'infanzia e  nel
>     > privato   mena il figlioletto):  continui  a votarlo? Continui a
>     >  sostenerlo?  Certamente continui a sostenere  la causa, ma come
>     > fai a non essere critico?   Dico "critico", non "polemico": come
>     >  fai, tu,  elettore di  quel politico,  a non  criticarlo? Detto
>     > "terra terra": non ti cade un po'?  E se ti cade  un po', non ti
>     > vengono  dei  sospetti (magari  infondati), delle paure?  Il PSI
>     > aveva tanti elettori: perché  a un certo  punto li ha persi?  La
>     > causa non valeva più? 
> 
> Il paragone tra un rappresentante politico e Creative Commons e` a mio
> parere poco  calzante, perche`  il  primo ha  un potere  legislativo e
> dunque coercitivo che Creative Commons non possiede  (la mia scelta di
> non usare  le relative  licenze  ha degli  effetti decisamente diversi
> dalla scelta di non obbedire  alle leggi promulgate dal rappresentante
> politico).
> In ogni  caso, anche se quanto segue   e` la mia  opinione personale e
> come tale, credo,  poco interessante ai fini  del discorso,  per me un
> rappresentante politico svolge una funzione  precisa, che e` quella di
> rappresentare la mia volonta`.  Quel che poi  lui fa sul piano privato
> non e` rilevante  nel  rapporto specifico di  rappresentanza tra  me e
> lui. 
> 
> Naturalmente mi aspetto che il politico in  questione venga punito per
> le sue attivita` illegali.   Ma la mia valutazione  su di lui  (o lei)
> come  persona  e` distinta     sulla    mia valutazione    come    mio
> rappresentante, il   cui criterio di misura risiede   per me in quanto
> bene svolge il suo ruolo specifico (che per cio`  che mi riguarda come
> elettore e rappresentato non e`, per seguire il tuo esempio, quello di
> genitore). 
> 
> Da  cio` si  deduce che a  me  non interessano  -  e  sinceramente non
> capisco perche` dovrebbe  interessare,   ma ognuno ha naturalmente   i
> propri metri e   valori di giudizio    - le attivita` dei   membri del
> "board" di Creative   Commons, al  di   fuori dell'elaborazione  delle
> licenze relative. 
> 
> Naturalmente,  la vita non  e` un  sistema binario,  e quanto sopra va
> sempre   sfumato in  base alla situazione   e  anche rispetto alla mia
> emotivita`.  Puo` darsi che in certe situazioni il comportamento di un
> dirigente di  Creative Commons -  sia pur non significativo per quanto
> riguarda l'elaborazione  delle     licenze -  sia  per  me    talmente
> insopportabile  da   influenzare  il mio   appoggio  all'associazione.
 

Ecco, ti ringrazio per la tua onestà:
è questo secondo me ciò che è accaduto per alcune persone.
E' questo il meccanismo psicologico di cui dobbiamo prendere atto, perché è 
sulla base di meccanismi psicologici di questo tipo che si acquista o si 
perde consenso. Il problema non è questa o quella persona, secondo me, il 
problema è la credibilità, ed essere credibili non significa, purtroppo, 
essere meritevoli di credito. La credibilità si forma spesso 
sull'incredibile: tanto più un politico è incredibile tanto più è creduto... 
è un paradosso che dobbiamo tenere ben presente.
Capisci dove voglio andare a parare (o a sbattere, a seconda dei punti di 
vista)? Facciamoci furbi: le questioni tecniche vanno risolte *subito*, con 
autorità tecnica. Le questioni politiche (o meglio psicologiche), invece, a 
mio avviso, vanno trattate con i guanti: perché non puoi sperare di andare 
davanti ad un pazzo con la ragione e spiegargli che ha torto.
Anche perché il torto e la ragione, in questo genere di cose, non stanno mai
da una parte sola. 

 

 

>     > Sia chiaro  che  il mio discorso non  riguarda  Joichi Ito: è un
>     > discorso generale basato sul fatto che tutto  ciò che accade non
>     > sempre   ha una spiegazione    razionale.   Per essere  forti  e
>     > sopravvivere bisogna anche essere buoni psicologi: la psicologia
>     > di massa è   un   elemento strategico  dal  quale   non possiamo
>     > prescindere se vogliamo essere forti. 
> 
> Capire chi si ha  di fronte e` sempre   una buona cosa, ma  questo non
> significa  necessariamente  dover  sottostare  ad ogni  singola  fola,
> generata da un utilizzo un po'  disinvolto del potere comunicativo che
> Internet mette a disposizione  unitamente all'incapacita` (o  mancanza
> di volonta`) di effettuare qualche verifica prima di criticare.
 

Certo. Ma è meglio abbracciare l'errante per riportarlo sulla retta strada.
Abbracciarlo, non spingerlo. In questi casi io dico: psicologia, psicologia, 
psicologia. Hai letto i commenti al tuo articolo?
L'ironia, ad esempio, è la cosa più provocatoria che esista: meno ironia e 
più simpatia ("sentire *insieme*"). E' un consiglio che mi permetto di darti 
ed è lo stesso consiglio che ho dato a De Martin e soprattutto a me stesso 
(che sono quello che ne ha più bisogno di tutti). 


Saluti,
n.a.g. 





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