Le Creative Commons parlano italiano

di Antonella Beccaria (shalom@linux.it)

Originariamente apparso su Opensource (http://opensource.dschola.it/), n. 6, Systems Comunicazioni, Vigano di Gaggiano (MI), Febbraio 2004.
URL: http://www.interpuntonet.it/OpenSource/rivista/6/creative/creativee.html.

Nasce il gruppo di lavoro nazionale che aderisce al movimento inaugurato nel 2001 da Lawrence Lessig. Un momento per definire strategie e impostazioni per il futuro

La nascita a livello internazionale del progetto Creative Commons (http://creativecommons.org/) risale al 2001 con il supporto del Center for the Public Domain (www.centerpd.org) e il coinvolgimento di personaggi come James Boyle, professore alla Duke Law School, Michael Carroll della Villanova University School of Law, Molly Shaffer Van Houweling del Center for Internet & Society e Lawrence Lessig, docente alla Stanford Law School. E con il 18 novembre scorso, in occasione del convegno tenutosi a Torino dal titolo “La conoscenza come bene comune: software, dati, saperi”, è stato presentato il gruppo italiano (www.creativecommons.it, per il comunicato stampo relativo alla costituzione: http://creativecommons.org/press-releases) che si va ad aggiungere ai progetti attivi, oltre che negli Stati Uniti, in Brasile, Giappone, Finlandia, Irlanda, Cina e Taiwan.Quella che segue è un’intervista corale, una presentazione a più voci per spiegare l’origine e l’evoluzione della sezione, impostazioni verso argomenti come diritto d’autore, brevetti software e libertà di espressione e tracciando una panoramica del lavoro futuro.

Qual è stato il motore aggregante che ha portato all’adesione del gruppo italiano al progetto International Commons (iCommons)?

Lorenzo De Tomasi: «Non vi è stato un unico motore aggregante, ma più iniziative avviate quasi contemporaneamente da più persone poi riunitesi in un’unica comunità. Io posso raccontare gli eventi dal mio punto di vista. Sono venuto a conoscenza nel maggio 2002 delle Creative Commons grazie all’articolo “Lessig e il Copyright modulare” apparso su Punto Informatico. Da quel momento ho seguito con molta attenzione il blog di Lawrence Lessig, ho partecipato a numerose discussioni sull’argomento (in particolare sulla mailing list ufficiale) e ho iniziato a lavorare a un progetto di comunità di persone e idee libere, che si è poi tramutato nella mia tesi di laurea. Agli inizi di questa estate ho informato Antonio Amelia dell’esistenza del progetto International Commons. Antonio, laureato in giurisprudenza, ha espresso notevole interesse per l’iniziativa e ha subito contattato Christiane Asschenfeldt, coordinatrice del progetto International Commons, per iniziare la traduzione e l’adattamento delle licenze. Christiane ci ha messo in contatto con Juan Carlos De Martin e con Marco Ciurcina che, quasi contemporaneamente, avevano proposto Ieiit-Cnr e il dipartimento di scienze giuridiche di Torino come partner institution del progetto. Era anche necessario stabilire un project lead con elevate competenze legali: all’unanimità abbiamo scelto il professor Marco Ricolfi dell’università di Torino. Il 18 novembre 2003 a Torino Lawrence Lessig e Marco Ricolfi hanno ufficialmente presentato Creative Commons Italia. Contemporaneamente sono state create una pagina di presentazione (http://creativecommons.org/projects/international/it/) e la lista di discussione ufficiale (cc-it@lists.ibiblio.org). Fondamentale è anche stato il notevole contributo divulgativo e aggregante di alcuni gruppi attivi nell’ambito dell’informazione non istituzionale».

Danilo Moi: «Nello scorso luglio sono venuto a conoscenza delle Creative Commons grazie allo spazio fisso a loro dedicato su CopyDown (http://copydown.inventati.org). Quasi immediatamente ho pubblicato due articoli dal titolo “Creative Commons: il Copyleft prende forma” (http://rekombinant.org/article.php?sid=3D2114) e “International Creative Commons: una proposta” (http://www.annozero.org/nuovo/stories.php?story=3D303). In associazione con Erroneo.org, abbiamo lanciato la lista di discussione creacomm@erroneo.org con l’intento di riunire e coordinare le realtà interessate alla divulgazione delle Creative Commons nel nostro paese e di aderire al progetto di adattamento delle licenze. Alla lista hanno aderito alcuni esponenti di Rekombinant.org, Ngvision, Newbrainframes.org, Erroneo.org, Autistici.org/Inventati.org, CopyDown.inventati.org e così via. Siamo subito entrati in contatto con Lorenzo che ci ha comunicato la nascita di iCommons Italy e le partner institution. Abbiamo quindi ridimensionato l’obiettivo della lista che è diventata fin da subito un luogo di divulgazione e confronto per la definizione degli obiettivi comuni».

Quali i primi punti dibattuti e quali i temi attualmente più caldi?

Marco Ciurcina: «Attualmente il primo obiettivo è rendere le licenze di Creative Commons compatibili con la legislazione italiana. Questa fase del progetto sarà coordinata dal dipartimento di scienze giuridiche dell’università di Torino e avrà Marco Ricolfi come project lead. Chiunque può partecipare al dibattito e offrire il suo contributo iscrivendosi alla lista cc-it@lists.ibiblio.org. Stiamo invitando persone, enti e società che potrebbero fornire un valido contributo al progetto».

Lorenzo De Tomasi: «Nel frattempo stiamo preparando un sito tutto italiano grazie all’apporto di alcuni volontari. Non sarà una semplice traduzione del sito ufficiale americano: avvieremo alcune sezioni incentrate sulla realtà del nostro paese, come la raccolta e la recensione delle opere italiane rilasciate sotto licenza Creative Commons. Stiamo anche elaborando proposte di progetti concreti da proporre agli autori».

Juan Carlos De Martin: «È ragionevole aspettarsi che i contenuti creativi marchiati con le Ccpl (Creative Commons Public Licenses) vivranno principalmente sulla Rete in formato digitale. Diventano, quindi, di grandissima rilevanza problemi come l’inserimento delle licenze in formato elettronico (license metadata embedding), la creazione di motori di ricerca in grado di selezionare i risultati anche sulla base delle licenze associate ai contenuti, lo sviluppo di player multimediali che identifichino e presentino all’utente le licenze associate a file Mp3 o Mpeg-4. L’Ieiit-Cnr è interessato
a tutti gli aspetti tecnici, e in particicolare è già attivamente impegnato nello sviluppo di un client di streaming multimediale “Ccpl-enabled”».

Da un punto di vista di visibilità verso l’esterno, quali sono le attività pubbliche che intendete realizzare?

Antonio Amelia: «In questo momento stiamo cercando di partecipare a tutte le conferenze e convegni in cui viene richiesta la nostra partecipazione. In questo modo vorremmo sia farci conoscere il più possibile che coinvolgere persone interessate a collaborare attivamente al progetto. Inoltre stiamo elaborando una strategia di comunicazione che in parte potrete vedere attuata non appena il sito italiano sarà online».

Per quanto riguarda relazioni con referenti istituzionali, quali sono i vostri programmi?

Lorenzo De Tomasi: «Finora abbiamo solamente accennato dell’argomento nella lista pubblica e sono emersi punti di vista differenti. Sicuramente è uno dei temi che discuteremo approfonditamente al più presto».

Marco Ricolfi: «Nella ricerca di referenti istituzionali, dobbiamo considerare che l’Italia è chiamata quasi solo a recepire norme europee e internazionali. Quindi, se l’attività è rivolta a lasciare spazi di libertà non presidiati da diritti di proprietà intellettuale di imprese già presenti nel settore alla ricerca e alla creazione a valle di perfezionamenti, applicazioni non previste, prodotti complementari, non dobbiamo limitarci a discutere a livello nazionale, ma allargare il dibattito a livello europeo e internazionale. Sotto questi profili di mantenimento di spazi di libertà, preferirei il parlamento europeo e il Consiglio d’Europa: si vedano gli articoli 8 e 9 della Convenzione Human Rights sulla libertà di espressione alla Commissione e al Consiglio, cui le imprese già presenti sul mercato hanno più facile accesso; e mi domanderei quali fori internazionali interessare, per non parlare solo con il Trips Council, che è istituito nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio ed è abituato a interloquire con i ministeri per il commercio».

E con le altre associazioni che in Italia si occupano di diritti digitali?

Lorenzo De Tomasi: «Per ora puntiamo al loro coinvolgimento diretto all’iniziativa. Parte del lavoro è già stato fatto, ma i contatti da stabilire sono ancora molti. Lo sforzo di noi tutti in questa direzione è quotidiano».

Le più recenti direttive europee (Eucd, Iped) rappresentano una minaccia libertà di espressione, di pensiero e di ricerca. Qual è la vostra posizione in merito? E per quanto riguarda i brevetti sul software?

Marco Ciurcina: «Non vogliamo assumere una posizione ufficiale su questi argomenti. Creative Commons Italia è un gruppo di persone che coopera a un progetto. Ciascuno ha le proprie idee e ogni idea si differenzia dalle altre per delle sfumature più o meno accentuate».

Marco Ricolfi: «Il mio punto di vista personale è il seguente. Credo sia necessario richiedere al nostro legislatore di sfruttare appieno gli spazi di libertà della direttiva sul copyright. Purtroppo finora non lo ha fatto. È importantissimo far capire, a livello europeo e interno, che la questione della libertà di utilizzazione a valle è questione costituzionale, per noi l’articolo 21 della Costituzione che garantisce la libetrta di espressione. E si noti che si potrebbe profilare un conflitto fra norma costituzionale interna e norme sul diritto d’autore armonizzate comunitariamente, perché, come detto, la libertà di espressione è garantita da un articolo della Costituzione mentre il diritto d’autore e armonizzato dalla Comunità. Secondo la nostra corte costituzionale in materia di diritti fondamentali, la Costituzione prevale sul diritto comunitario. E lo stesso dice il Bundesverfassungsgericht tedesco, con i casi Solange I e II (qui Solange non è una maga o veggente; “so lange” vuol dire per l’appunto che le norme comunitarie vincolando fin quando – so lange – non siano in contrasto con le Grundfreiheiten, le libertà fondamentali, fra cui c’è la libertà di espressione). Io credo che si stia inaugurando un’epoca costituzionale della proprietà intellettuale, perché questo conflitto di cui ora ho detto si sta manifestando; e altri conflitti analoghi si potranno aprire in materie non meno delicate, come le biotecnologie. Per quanto riguarda i brevetti sul software, sono contrario a essi, se non nei limiti ristretti tracciati da Guglielmetti. Ad esempio, adesso si stanno perfezionando chip che lavorano in modo asincrono, ma per farli lavorare in collegamento ai sistemi operativi mancano i software di raccordo. Forse qui ci starebbe la computer implemented invention, cioè la tutela prevista dalla prposta di direttiva. L’importante è che non si avverino i miei timori, ovvero che, visto che le libere utilizzazioni del software (gli articoli 5 e 6 della direttiva 250/91, che garantiscono decompilazione, interoperabilità e interconnessione, sono più ampi dei fair uses del diritto dei brevetti), si prenda la palla al balzo del cumulo della protezione di brevetto con quella del diritto d’autore per dire al movimento free software: voi certe cose potevate farle finché decompilavate programmi tutelati dal diritto d’autore, creavate programmi interoperabili con altri protetti dal diritto d’autore. Ora invece non potete farlo più. Il testo dell’articolo 6 della proposta di direttiva approvata il 14 settembre 2003 non prende in adeguata considerazione il problema. Io riproporrei il testo che avevo inserito in una proposta di emendamento: per ottenere l’effetto indicato gli emendamenti dovrebbero essere del tenore che segue, con riferimento al Considerando (18): “Acts permitted both under Directive 91/250/EEC on the legal protection of computer programs by copyright, in particular provisions thereof relating to decompilation and interoperability, and under the patent laws of the member States, in particular relating to experimental use and research exemptions, should not be affected through the protection granted by patents for inventions within the scope of this Directive; rather, the corresponding fair use provisions should be introduced into the patent laws of the member State”; con riferimento all’art. 6: “Without prejudice to provisions concerning experimental use and research exemption contained in member States patent laws, Acts permitted as exceptions under Articles 5 and 6 [sopra descritti] of Directive 91/250/EEC on the legal protection of computer programs by copyright, in particular provisions thereof relating to decompilation and interoperability, shall be neither affected through the protection granted by patents for inventions within the scope of this Directive nor restricted by it».

Quali considerate i casi più interessanti tra le realtà che hanno adottato le Creative Commons?

Danilo Moi:«Siamo ben felici che italy.indymedia.org, uno dei più importanti network di informazione indipendente in Italia, abbia adottato la licenza CC Attribution-ShareAlike insieme ad altre importanti realtà, tra le quali Rekombinant.org, Ngvision, Newbrainframes.org, Open-economy.org, Erroneo, CopyDown. È anche interessante che sempre più siti web e blog di persone, gruppi e associazioni italiani abbiano adottato le licenze Creative Commons. Sono casi che nel loro piccolo testimoniano il grande interesse per l’iniziativa e contribuiscono notevolmente alla diffusione dei suoi principi. Ci auguriamo che ben presto aderiscano sempre più autori, ma anche case editrici e discografiche.

Lorenzo De Tomasi: «Uno dei casi più interessanti a livello internazionale è sicuramente PloS Biology, la rivista della Public Library of Science che propone “accesso immediato e non limitato a idee, metodi, risultati e conclusioni in campo scientifico”. Spero vivamente che in un futuro molto prossimo anche le università e gli enti di ricerca italiani si aprano a una diffusione libera della conoscenza.Altre realtà italiane degne di nota sono i progetti Gnutemberg (www.gnutemberg.org), un archivio di documentazione tutelata da licenze libere e un elenco delle strutture che sono in grado di produrne e venderne copie stampate o fotocopiate, Manuzio di LiberLiber, una biblioteca telematica accessibile gratuitamente, e il progetto ScuolaOnline (www.scuolaonline.wide.it) per la realizzazione di manuali scolastici che possono essere distribuiti e utilizzati liberamente in tutte le scuole pubbliche, ma non per fini di lucro. Nonostante queste realtà non adottino licenze Creative Commons, i loro obiettivi sono, a mio parere, in piena sintonia con il nostro progetto.

Copyright 2003 Antonio Amelia, Marco Ciurcina, Juan Carlos De Martin, Lorenzo De Tomasi, Danilo Moi, Pinna, Marco Ricolfi.
This work is licensed under the Creative Commons Attribution-NoDerivs License. To view a copy of this license, visit http://creativecommons.org/licenses/by-nd/1.0/ or send a letter to Creative Commons, 559 Nathan Abbott Way, Stanford, California 94305, USA.

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