Osservazioni di CC Italia e Wikimedia Italia sullo schema di decreto legislativo in attuazione della Direttiva copyright

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Fonte: Wikimedia Co

Pubblichiamo di seguito integralmente le osservazioni che il Capitolo italiano di Creative Commons e Wikimedia Italia hanno inviato in data odierna alle Commissioni del Senato competenti ad esprimere un parere sullo schema di decreto legislativo (A.G. 295) in attuazione della Direttiva copyright (n. 2019/790).

Spett.le
Senato della Repubblica
Alla c.a. delle Commissioni
IIª, VIIIª, Vª, Xª e XIVª
________________________

Roma, lì 23 settembre 2021

Ogg.: Schema di decreto legislativo in attuazione della Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale – A.G. 295

Con riferimento allo schema di decreto legislativo in oggetto indicato, sottoposto al parere delle Commissioni competenti del merito IIª, VIIIª, evidenziamo quanto segue in relazione ad alcuni punti del suo articolato che ci appaiono contrastare con il testo della Direttiva in questione. Per ciascun punto indichiamo le criticità del testo e le relative motivazioni. 

ART.1, (lett. a) 

All’articolo 32 quater LdA, proponiamo che sia eliminato l’ultimo inciso “ferme restando le disposizioni in materia di riproduzione dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.

Tale inciso parrebbe infatti segnare una distinzione di disciplina tra le opere delle arti visive in pubblico dominio e i beni culturali pubblici in pubblico dominio, sottraendo questi ultimi dall’applicazione del principio introdotto dall’art. 14 della direttiva. Pertanto, i beni culturali pubblici, seppur rientranti nella categoria di opere delle arti visive, come illustrata nel dossier n. 434, non gioverebbero della nuova disciplina, volta a proteggere la libera divulgazione di riproduzioni fedeli di immagini di opere d’arte in pubblico dominio. Tale approccio risulterebbe incompatibile con lo spirito del legislatore europeo che riconosce come: “nel settore delle arti visive, la circolazione di riproduzioni fedeli di opere di dominio pubblico favorisce l’accesso alla cultura e la sua promozione e l’accesso al patrimonio culturale” (Cons. 53, dire. 790/2019). 

Un’interpretazione in linea con l’intento della direttiva, anche per ciò che concerne l’incentivo della diffusione transfrontaliera delle opere delle arti visive in pubblico dominio, non si pone in contrasto, ma anzi è concomitante, alla facoltà degli istituti di chiedere un compenso per la fornitura di copie digitalizzate ad alta risoluzione.

La ratio della direttiva è, infatti,  proprio quella di favorire la diffusione transfrontaliera delle immagini di opere d’arte in pubblico dominio, chiamando espressamente in causa le opere conservate negli istituti di tutela. Il bene culturale, inoltre, non è solo un’opera storico artistica o architettonica (e quindi opera d’arte visiva) ma può essere anche un bene bibliografico, un bene archivistico o un oggetto della cultura materiale la cui riproduzione è già priva di qualsiasi tutela autoriale ai sensi dell’art. 87 LdA. A maggior ragione i beni culturali non dovrebbero essere perciò esclusi dall’applicazione della norma.    

Il testo dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva copyright si pone in aperto contrasto con l’impegno del governo di ampliare le possibilità di riuso delle immagini di beni culturali pubblici anche per finalità commerciali, assunto con l’approvazione in data 16 giugno 2021 della risoluzione della VII Commissione della Camera dei Deputati sulla riproduzione digitale dei beni culturali (risoluzione unitaria 7-00423 Vacca, 7-00552 Belotti, 7-00553 Piccoli Nardelli, 7-00557 Mollicone e 7-00558 Aprea). Nelle premesse alla risoluzione si legge infatti che “è necessario valutare la opportunità di un coordinamento di tale norma con l’articolo 108 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, che limita il riuso per fini commerciali di riproduzioni di beni culturali seppure in pubblico dominio; […] si rende pertanto necessario un impegno del Governo volto a sostenere un programma di digitalizzazione e a valutare le possibili modalità di divulgazione delle riproduzioni digitali del patrimonio culturale; […] per gli istituti culturali che hanno introdotto un regime di libero riutilizzo delle immagini delle proprie collezioni è possibile registrare benefici in termini di valorizzazione dei beni e della loro di divulgazione e conoscenza a fronte della modesta entità degli introiti derivanti dai canoni di riproduzione”, ma soprattutto nel dispositivo il governo si impegna a “proseguire nel percorso di liberalizzazione della riproduzione dei beni culturali e della divulgazione delle immagini, avviato con la modifica dell’articolo 108 del codice dei beni culturali e del paesaggio” e “ad adottare iniziative anche normative volte a favorire il libero riutilizzo e la libera divulgazione di immagini di beni culturali pubblici visibili dalla pubblica via, per qualsiasi finalità, nel rispetto della normativa sul diritto d’autore (anche prevedendo forme di eccezioni, quali la «libertà di panorama temperata »)”.

Tali impegni risultano disattesi nella proposta di decreto di ricezione che sarà vagliata dal Parlamento.

ART.1, lett b)

All’art. 43 bis LdA, proponiamo di eliminare i commi da 8 a 13.

È criticabile la scelta del legislatore italiano di recepire l’art. 15 della direttiva imponendo di fatto un obbligo a contrarre in capo ai prestatori di servizi non previsto in alcun modo dalla norma europea. L’intento del legislatore UE era quello di riconoscere agli editori di giornali i diritti di cui all’articolo 2 e all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29/CE e non certo quello di vincolare in alcun modo la libertà negoziale delle parti.

Lo stesso parere dell’antitrust, reso sullo schema di decreto legislativo di recepimento in commento, ha sottolineato che l’equilibrio negoziale delle parti non può certo essere raggiunto ponendo vincoli ingiustificati all’autonomia contrattuale.

ART.1, lett c) e d)

Proponiamo di eliminare l’art. 46 LdA e i commi 1, 3 e 4 dell’art. 46 bis LdA.

Segnaliamo che l’introduzione del quarto comma all’art. 46 LdA risulta essere fuori delega, così quindi a cascata anche commi 1, 3 e 4 aggiunti all’art. 46 bis LdA. 

ART.1, lett. e)    

All’art. 68, comma 2, comma 2 bis LdA: 

  • dopo le parole “presenti in modo permanente nelle loro raccolte” proponiamo di inserire le parole “comprese le opere cui l’istituto ha accesso per un periodo rilevante di tempo”; 
  • dopo le parole “nelle loro raccolte” proponiamo di inserire le parole “e di porre in essere ogni attività e azione connessa agli obblighi di conservazione come, a titolo non esaustivo, la creazione di cataloghi e bibliografie, la descrizione catalografica, l’inventariazione, nonché di rendere fruibile, a scopo conservativo, di copie digitali di opere protette su qualsiasi formato attraverso i terminali interni agli istituti di tutela”; 
  • dopo le parole “e su qualsiasi supporto” proponiamo di inserire le parole “e anche in collaborazione con partner esterni”.

Lo scopo della norma europea, infatti, è quello di eliminare i limiti impliciti ed espliciti alla realizzazione della missione di conservazione del patrimonio culturale da parte degli istituti. Questi ultimi sono fortemente diversificati per tipologia e risorse e necessitano di una norma il più ampia possibile affinché possano beneficiare indistintamente dell’eccezione e realizzare effettivamente nel concreto l’attività di conservazione, anche in modalità precauzionale, del patrimonio culturale affidato loro. 

ART.1, lett. g)   

  • All’art. 70 bis, comma 1 LdA dopo le parole “e l’adattamento”, proponiamo di eliminare le parole “di brani o di parti di”.
  • All’art. 70 bis, comma 1 LdA dopo le parole “e la riproduzione”, proponiamo di eliminare le parole “di brani o di parti di”.
  • All’art. 70 quater comma 1 LdA alla fine del capoverso aggiungere le seguenti parole “,  attraverso sistemi leggibili dalla macchina come il protocollo “robots.txt””

Per quanto riguarda i primi due punti, in base al testo della direttiva, l’eccezione per attività didattiche digitali e transfrontaliere ha la finalità di consentire l’utilizzo digitale di opere e altri materiali e non solo brani e/o parti di essi.            

Per quanto riguarda il terzo punto, è necessario garantire ai titolari dei diritti il buon funzionamento della riserva agli stessi riconosciuta, e che pertanto tale facoltà sia manifestata attraverso sistemi leggibili dal computer senza intervento umano. Poiché ogni sito web avrà termini e condizioni diverse, l’unico modo per facilitare la corretta e legittima estrazione del web è attraverso l’uso di un protocollo, come robots.txt, che crea una regola binaria “estrarre”/”non estrarre”. Non è, infatti, prospettabile aspettarsi che le macchine interpretino i termini e le condizioni scritte su un sito web per stabilire se effettuare l’estrazione di dati o meno. Il protocollo robots.txt è già usato in ambito informatico per scopi simili, più precisamente per indicare ai motori di ricerca quali pagine web non devono essere salvate, e quindi l’implementazione non comporterebbe problemi.

Art. 1 lett. h)

All’art. 80, comma 1 LdA proponiamo di eliminare  l’inserimento delle parole “ivi inclusi i direttori del doppiaggio e doppiatori”.

Le motivazioni sono le stesse già segnalate in riferimento all’ART.1, lett c) e d).

ART. 1, lett. l)

Si propone di sostituire all’art. 102-sexies e ss la traduzione della locuzione inglese “best efforts” con “migliori sforzi”.

Nel corso del dialogo tra gli Stati membri e la Commissione europea, in occasione delle riunioni del Copyright Contact Committee, è emerso che la traduzione della locuzione “best efforts” con “massimi sforzi” non risulta esattamente conforme al senso della relativa espressione anglofona che invece si traduce in “migliori sforzi”.

ART. 1, lett. m)

Si propone di aggiungere all’articolo 102-undecies, comma 1 LdA dopo le parole “supporto di memorizzazione” le seguenti parole “, ovvero quando non sono mai state in commercio”.

Dopo le parole “dieci anni” aggiungere le seguenti: “, ad eccezione delle opere scientifiche per le quali il termine è ridotto a tre anni”. 

Infatti, nella definizione di opere fuori commercio andrebbero comprese anche le opere che non sono mai state in commercio, così come chiarito dal Considerando 37 della direttiva, che chiarisce che “le opere che non sono mai state in commercio possono comprendere manifesti, volantini, giornali di trincea o opere audiovisive amatoriali, ma anche opere o altri materiali mai pubblicati, senza pregiudizio degli altri vincoli giuridici applicabili, come le disposizioni nazionali in materia di diritti morali….”. Si evidenzia, infatti, che ricomprendere nella definizione di opere fuori commercio anche opere che in commercio non sono mai state, permetterebbe agli istituti di avviare senza ambiguità ampi progetti di digitalizzazione di documentazione archivistica, composta ad esempio da elaborati progettuali, opere della grafica o manoscritti inediti. Modificare la definizione in tal senso, dunque, renderebbe massimamente efficace l’eccezione, che altrimenti avrebbe una portata limitata, penalizzando i progetti di digitalizzazione di biblioteche e archivi italiani.

Con specifico riferimento alla definizione di “opera fuori commercio”, il termine di presunzione andrebbe ridotto da dieci anni a tre, almeno in relazione alle opere scientifiche che, per loro natura, possono essere qualificate come fuori commercio molto prima del periodo decennale, senza che l’individuazione di ulteriori requisiti sia rimandata ad un successivo decreto del Ministero della cultura. Contrariamente, le opere letterarie a carattere scientifico rimarrebbero ingiustificatamente fuori dal meccanismo della norma per un lasso di tempo eccessivamente lungo. 

Con riferimento al sistema di pubblicità introdotto dall’art. 102-terdecies, comma 2, si ricorda che l’art. 10, par. 2 della direttiva dà maggiore spazio di manovra al legislatore nazionale, specie se non si creano requisiti pregiudizievoli del diritto all’uso dell’eccezione. Si propone, pertanto che il legislatore incarichi il Ministero della giustizia di dare pubblica notizia, nei giornali nazionali e locali, delle opere già inserite nel portale europeo delle opere fuori commercio, in analogia all’art. 490 c.c., attingendo al capitolo di spesa di cui all’art. 18-bis del DPR 115/2002.

In generale, è infine criticabile la scelta del legislatore di preferire la licenza in luogo dell’eccezione e/o limitazione per tutti i tipi di opere, fuori commercio, ad eccezione del software e delle banche dati (tra l’altro, non vi è traccia nella direttiva di tale disposizione). 

La direttiva, infatti, prevede l’applicazione dell’art. 8 paragrafo 2, e quindi dell’obbligo di disporre un’eccezione o limitazione qualora non esista un organismo di gestione collettiva sufficientemente rappresentativo, non solo con riferimento al software e alle banche dati ma a tutte le tipologie di opere. 

ART. 1, lett. n)

Si propone di eliminare all’art. 107, comma 2 LdA le seguenti parole: “, ivi inclusi gli adattatori dei dialoghi,” e “inclusi i direttori del doppiaggio e dei doppiatori” per le stesse motivazioni già segnalate in riferimento all’ART.1, lett c) e d). 

Distinti saluti.

Avv. Deborah De Angelis                     Dott.ssa Iolanda Pensa
Creative Commons Italia                      Wikimedia Italia   

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